Il complesso Revedin Bolasco, comprensivo di palazzo, annessi di servizio e parco, è l'esito di una campagna costruttiva risalente agli anni centrali dell'Ottocento: in particolare la villa venne realizzata tra il 1852 e il 1865 da Giambattista Meduna, architetto celebre per la ristrutturazione del Teatro La Fenice, su commissione del conte Francesco Revedin (1811-1869), podestà e primo sindaco di Castelfranco nel 1866.
La storia del luogo è però più lunga e complessa: in origine di proprietà dei Tempesta, i terreni su cui oggi si leva il complesso passarono ai Morosini, che nel 1509 li cedettero ai Corner. Sorse qui la villa denominata "il Paradiso", un possente palazzo a corte, ristrutturato nel 1607 da Vincenzo Scamozzi, che gli attribuì un aspetto cittadino, imitato sessant'anni dopo dal corpo di fabbrica gemello sorto più ad est. Nel frattempo, nel vasto giardino all'italiana venivano ricavati nuovi percorsi e parterre, fiancheggiati da oltre un centinaio di statue opera di Orazio Marinali e della sua bottega.
A partire dalla metà del Settecento il complesso conobbe un progressivo decadimento, fino alla demolizione dei due palazzi gemelli nel 1803. Cinque anni dopo la proprietà Corner fu ceduta ai fratelli Francesco e Antonio Revedin: fu il figlio di quest'ultimo, Francesco, a occuparsi quindi del recupero del complesso.
Tra il 1852 e il 1853 l'architetto Giambattista Meduna predispose il progetto d'intervento per l'edificazione del nuovo palazzo, organizzato attorno a una corte rettangolare centrale, serrata sui quattro lati da blocchi edilizi di varie altezze. I lavori giunsero a compimento nel 1865, quando negli ambienti affrescati da Giacomo Casa si tenne un ballo d'inaugurazione. Negli stessi anni venne allestito il giardino ispirato a modelli inglesi, dapprima affidato sempre a Meduna, affiancato poi dal paesaggista francese Marc Guignon, cui si attribuisce il progetto dell'anfiteatro noto come "cavallerizza", e da Francesco Bagnara.
Dopo la morte di Francesco Revedin (1869), il complesso fu ereditato dalla nipote Fanny Bassetti, sposata a Pietro Rinaldi, che incarirono l'architetto Antonio Caregaro Negrin della realizzazione della cavana, la serra in stile ispano-moresco e altre costruzioni disseminate per il parco.
Ai primi del Novecento villa e parco passarono quindi ai Piccinelli, che nel 1967 cedettero le proprietà all'Università di Padova.