Prima dei Luzzato Dina, l’edificio era stato fin dal Quattrocento residenza principale dei Selvatico, famiglia di antica nobiltà padovana, che acquisì numerose proprietà nell'area. L'unificazione dell'eterogeneo complesso di edifici in un solo palazzo spetta al medico Benedetto Selvatico (1575-1658), che costruì le grandi sale al piano nobile e commissionò la ricostruzione della facciata principale, dandogli l'attuale conformazione monumenale. Ricostruì inoltre la palazzina posteriore, dove fece sistemare i suoi appartamenti con l’adiacente giardino. Spetta invece ai nipoti di Benedetto, sul finire del Seicento, la realizzazione della grande corte centrale e del cortile secondario verso il Duomo, collegato con quello principale attraverso le scuderie (attuale Palazzo Jonoch Gulinelli); costruirono inoltre lo Scalone e il Salone degli stucchi.
Nei primi anni ottanta del Settecento il canonico Giovanni Andrea fece costruire una nuova appendice di due piani a nord della palazzina, con fronte verso il giardino, in cui fece sistemare le sue stanze. Nel 1852 il nipote di Giovanni Andrea, il famoso critico d'arte Pietro Selvatico cedette il palazzo a Beniamino e Pellegrino Dina, appartenenti all'alta borghesia di origine ebraica, da cui passò per via ereditaria ai Luzzato Dina. Nel 1989 Augusta Luzzato Dina, vedova del marchese Antonio Buzzacarini, lasciava per testamento il Palazzo all’Università di Padova per “perpetuarvi inalienabilmente i propri fini di scienza e di incontro fra le culture”.
Nella sua attuale configurazione, il Palazzo è costituito da un’ala principale con affaccio su via Vescovado a sud e sul vicolo Selvatico Estense a ovest, in cui si trovano, al piano nobile, i saloni di rappresentanza, oggi sede della Biblioteca di Storia. Entrando dal portone principale e superato l’androne si giunge nella grande corte centrale in fondo al quale si staglia una palazzina di tre piani con annesso giardino. Nei numerosi ambienti della dimora nobiliare si possono ancora oggi apprezzare i resti delle fastose ornamentazioni a stucco e ad affresco realizzate a più riprese tra il XVI e il XVIII secolo, tra cui l'affresco con la Caduta dei Giganti sulla volta a botte dell'atrio, parte della più antica campagna decorativa, e un parziale fregio in stucco con finte finestre ad affresco, risalente agli ultimi anni del Seicento, nell'attuale Biblioteca. Di particolare interesse anche le vedute paesaggistiche realizzate nel 1785 dai fratelli Mauri in una sala al primo piano della palazzina e gli stucchi con vasi floreali e una civetta, che ingentiliscono un andito al pianterreno.