Il complesso di Palazzo Mocenigo si articola in una serie di corpi di fabbrica risalenti a varie epoche. Nel 1529 il patrizio veneziano Alvise Mocenigo, del ramo "dalle zogie", acquista un complesso dall'articolata configurazione, corrispondente all'attuale corpo settentrionale, su cui insistevano i resti della Chiesa paleocristiana di Sant'Eufemia, forse ancora riconoscibili al piano interrato. Intorno al 1544 il figlio di Alvise, Antonio, commissiona al proto Agostino Righetti una prima consistente ristrutturazione dei manufatti e dieci anni dopo acquista dai Diedo un secondo immobile adiacente al primo, cui viene collegato mediante una terrazza su probabile progetto di Andrea Palladio per il figlio di Antonio, Leonardo. Nel 1619 i Mocenigo cedono l'intero complesso a Vincenzo Belloni, esponente di una famiglia veneziana aggregata al patriziato lagunare solo nel 1647, che ne prumuove una nuova campagna di lavori, ricavando tre grandi appartamenti sovrapposti, ognuno costituito da numerose sale distribuite nelle due ali del Palazzo e collegate da tre gallerie, tutte coperte di travature lignee o da volte affrescate e dotate di camini marmorei. Estintati la linea maschile dei Belloni, nel 1673 il palazzo passa ad un'altra famiglia patrizia veneziania, i Battaglia.
Ulteriormente trasformato tra Sette e Ottocento per adeguarlo alle esigenze di affitto, tra il 1955 (primo lotto) e il 1962 (secondo lotto) viene acquistato dall'Università di Padova per insediarvi il Collegio femminile universitario, intitolato a Lina Meneghetti: spetta a Daniele Calabi il progetto della residenza per professori nel lotto nord, a Giulio Brunetta l'omonima ala sul fronte meridionale, destinata a nuovo dormitorio. Passato in gestione all'ESU (Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario), Palazzo Mocenigo è stato chiuso al pubblico in seguito ai danni provocati dal terremoto del 2012.
Palazzo Mocenigo ospita un'interessante serie di affreschi, risalenti a due distinte campagne decorative: la prima, che interessò l'ala sud, risale alla metà del Cinquecento ed ebbe come protagonista Giovanni Battista Zelotti, affiancato con probabilità dallo specialista in grottesche Eliodoro Forbicini e da Benedetto Caliari; la seconda, databile alla metà del Seicento, interessò vari ambienti dell'ala nord e vide la partecipazione del pittore fiammingo Daniel van den Dyck, con Pietro Ricchi e un non meglio conosciuto Giovanni Battista Accolla.