Poter disporre di acqua facilmente accessibile e pulita è un aspetto essenziale del mondo in cui vogliamo vivere. Il nostro pianeta possiede sufficiente acqua potabile per raggiungere questo obiettivo, ma a causa di infrastrutture scadenti o cattiva gestione economica, ogni anno milioni di persone, di cui la gran parte bambini, muoiono per malattie dovute ad approvvigionamento d’acqua, servizi sanitari e livelli d’igiene inadeguati. La carenza e la scarsa qualità dell’acqua, assieme a sistemi sanitari inadeguati, hanno un impatto negativo sulla sicurezza alimentare, sulle scelta dei mezzi di sostentamento e sulle opportunità di istruzione per le famiglie povere di tutto il mondo.  Tra i traguardi previsti dall’Obiettivo 6, troviamo l’ottenere entro il 2030 l’accesso universale ed equo all’acqua potabile sicura ed economica per tutti e l’accesso ad impianti sanitari e igienici adeguati ed equi per tutti.
Se per le nostre città tutto questo è al giorno d’oggi un fatto consolidato, non dobbiamo dimenticare che non è sempre stato così, e che le stesse problematiche che l’Obiettivo 6 cerca di risolvere sono state oggetto di dibattito nella Padova dell’Ottocento. Infatti, le vicende del primo acquedotto moderno della città presero avvio solamente dopo l’Unità d’Italia, quando per l’appunto la classe dirigente cittadina maturò la piena consapevolezza della critica situazione sanitaria presente in città, e che l’unica soluzione al problema fosse la distribuzione d’acqua potabile alla popolazione. Questo era possibile solamente attraverso la costruzione di un moderno acquedotto pubblico. Vennero formate innanzitutto delle commissioni incaricate dello studio delle acque potenzialmente utilizzabili e della valutazione dei progetti presentati. Se la scelta delle sorgenti o delle risorgive presentò aspetti delicati e diede origine vari scontri, dal lato tecnico, i progressi della tecnologia e della capacità delle imprese di costruzioni resero perfettamente risolvibili i problemi legati alla captazione, adduzione e distribuzione dell’acqua. Finalmente, nel 1885 la situazione arrivò a una svolta: vennero scelte le fonti di Dueville e Camisino (nel Vicentino) e venne concesso per sessant’anni il diritto esclusivo della fornitura di acqua potabile alla Società Veneta per Imprese e Costruzioni pubbliche di Stefano Breda, che in cambio si incaricò della costruzione dell’acquedotto.
Tra gli esperti che vennero chiamati a dare un parere sulle in merito al futuro acquedotto padovano troviamo Domenico Turazza, padre di Giacinto Turazza, che dal 1892 divenne direttore del Gabinetto di Idrometria dell’Università di Padova e che arricchì enormemente il corredo strumentale destinato all’insegnamento delle materie idrauliche. Tra gli strumenti prettamente didattici, troviamo vari oggetti legati alle condutture idrauliche e agli acquedotti, tra i quali quelli qui presentati.

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Testo a cura di: Fanny Marcon