Galastena, Via Crucis

Autore: Augusta de Buzzaccarini, detta Galastena

Datazione: 1950 - 1957

Tecnica: Bronzo

Descrizione

Questo pannello bronzeo raffigurante la Deposizione costituisce la tredicesima stazione del ciclo della Via Crucis che la scultrice Augusta Luzzatto Dina, in arte Galastena, realizzò tra i primi anni Cinquanta e il 1957, su commissione dell’Ateneo patavino, per la Cappella della Clinica Ostetrica. Il corpo del Cristo morto, che attraversa in orizzontale l’intera composizione, è sorretto dalla madre e da altre due figure dolenti, una maschile, sulla sinistra, e una femminile, a destra. La linea dell’incisione, molto marcata, ma allo stesso tempo fluida e dall’andamento circolare, avvolge le figure in un vortice di dolore; lo strazio della madre è tutto concentrato nel moto della sua mano che stringe, raccogliendola, quella senza vita del figlio, gesto nel quale la scultrice proiettò probabilmente se stessa nella tragedia che le segnò la vita.
 
Nel secondo dopoguerra, a partire dagli anni Cinquanta, Augusta Luzzatto Dina fu la ritrattista ufficiale dei docenti universitari e, su incarico dell'Istituto di Filosofia patavino, realizzò i busti dei professori Luigi Stefanini e Ernesto Belmondo. 
Non è tuttavia questo il tipo di produzione che dà conto dello spessore e dell'iter artistico di Augusta, in arte Galastena, che trovò nella scultura quasi un modo per riappacificarsi con la vita, costellata da eventi traumatici giunti all'apice con le vicende del secondo conflitto mondiale.
Nata il 22 giugno 1898 a Padova da una ricca famiglia ebrea, Augusta conobbe ripetutamente, fin dalla fanciullezza, il dolore del lutto familiare; nel 1923 il matrimonio con Antonio de Buzzaccarini, esponente di una famiglia padovana di antica nobiltà, le restituì la gioia che da sempre aveva caratterizzato la sua indole. I primi anni di matrimonio, infatti, trascorsero spensierati e la novella sposa poté assumere atteggiamenti deliberatamente progressisti e libertini, come indossare gonne corte e sciogliere al vento i folti capelli. Questo periodo felice giunse al culmine con la nascita dell'unico, amatissimo figlio, Galeazzo.
Gli anni seguenti, però, oscurati da un velato atteggiamento antisemita anche da parte della famiglia del marito, divennero sempre più cupi man mano che si allungavano le ombre del fascismo e dell'incombente conflitto; con l'occupazione del Nord Italia, Augusta, per salvarsi, fu costretta a fuggire con il figlio, ma la sorte riuscì comunque a portarle via Galeazzo, colto nel 1946 da una poliomielite fulminante.
 
Fu a questo punto che la donna, ribattezzatasi Galastena, scoprì, più come un bisogno ancestrale che come una passione, la sua predisposizione alla scultura, sentita quasi come un atto catartico: la materia le restituiva il contatto con il figlio, che poteva rivedere e ristringere nella forma. Inoltre, questo rapporto viscerale con la propria personale esperienza artistica accendeva ulteriormente il legame con il divino, infuocando una sensibilità che già, dopo le ultime vicende della vita, era diventata profondamente religiosa.
Ciò ci consegna una significativa produzione scultorea di tipo sacro, che forse trasmette ancor più di quella profana il vero rapporto tra Augusta e la materia scolpita.
Tra gli anni Cinquanta e i primi anni Settanta, la scultrice realizzò diverse opere per l'Ateneo patavino, tra cui diversi busti di docenti e quattordici pannelli bronzei con la Via Crucis per la Cappella della Clinica Ginecologica; questi ultimi risultavano conclusi nel 1957, quando furono inaugurati con una solenne cerimonia presieduta dal Padre Guardiano del Convento dei Francescani.

Bibliografia

  • De Buzzacarini A. (Galastena), 2009 – “Parole scolpite”, introduzione di Francesco Rapazzini. Nova Charta, Venezia.
  • Magagna F., 2019 – “Augusta Luzzatto Dina, marchesa Buzzaccarini, in arte Galastena”. In “Padova e il suo territorio. Rivista di storia arte cultura”, XXXIV, 201. Pp. 32-35.

Autore scheda: Maria Cecilia Lovato
Fotografia: Maria Cecilia Lovato
Diritti: Università degli Studi di Padova