Raggiungere un’istruzione di qualità per tutti è il traguardo a cui tende l’Obiettivo 4, che vuole migliorare la vita delle persone e assicurare loro uno sviluppo equo e inclusivo. È importante riflettere e comprendere come anche nel passato questo fattore sia stato oggetto di studi. Essi hanno prodotto metodi e materiali, che rivisti oggi offrono informazioni e conoscenze utili per far crescere anche l’educazione delle future generazioni. Ne consegue che conservare, studiare e valorizzare quegli strumenti che nel passato hanno contribuito ad un modello educativo inclusivo e di qualità, ci dà oggi un significativo vademecum orientato su possibili orizzonti di crescita sostenibile.
 
Per facilitare l’apprendimento dei bambini, nel tempo, sono stati utilizzati metodi e strumenti diversi, a volte risultato della creatività di singoli, a volte frutto di elaborate teorie pedagogiche.
Da bisogni particolari o legati a un territorio circoscritto si sono spesso generate nel corso della storia pratiche didattico-educative lodevoli, che miravano ad un coinvolgimento immediato degli alunni, a partire dall’età infantile. I sussidi, accompagnati dagli opportuni percorsi didattici, sono stati nel passato e sono ancora oggi, gli strumenti utilizzati dagli insegnanti per favorire l’apprendimento.
 
La ricca collezione di sussidi didattici conservata nel Museo dell’Educazione consente molteplici riflessioni e rappresenta un utile contributo alla conoscenza della scuola di ieri. In questa Tappa ne abbiamo scelti alcuni che meglio hanno svolto il ruolo di istruire in modo inclusivo.
 
Un sussidio prodotto autonomamente dall’insegnante per rispondere alle specifiche esigenze della sua classe è la tombola sillabica, realizzata artigianalmente con materiale povero e destinata all’apprendimento divertente della lettura.
Di grande valore è l’alfabetiere per le scuole rurali realizzato dalla ditta So.to.v. per facilitare la conoscenza delle lettere utilizzando il modellino di quegli strumenti agricoli che potevano essere più familiari per i bambini di campagna.
Molto antico è il pallottoliere-frazioniere esposto nell’aula scolastica del Museo dell’Educazione. Esso offre ai bambini la possibilità di toccare con mano le varie frazioni in cui può essere suddiviso un intero.
La secolare cassetta aritmetica di Tillich con i suoi cubi e parallelepipedi in legno grezzo fu l’anticipazione delle tante scatole coloratissime di regoli, utilizzati ancora oggi nella scuola primaria per far sì che tutti gli alunni raggiungano buoni risultati nello studio dell’aritmetica.
L’apprendimento delle cosiddette tabelline ha rappresentato uno scoglio per intere generazioni di bambini, per questo si è cercato di renderlo più facile e divertente attraverso la tavola pitagorica animata.

Questo panorama non può concludersi senza la citazione di materiali specificatamente realizzati a questo scopo da autorevoli pedagogisti. Infatti, come potremmo dire con Patrizia Zamperlin (fondatrice del Museo dell’Educazione), inclusione ed equità sono parole d’ordine della moderna pedagogia che ha saputo realizzare intorno ad esse non solo riflessioni teoriche, ma anche proposte didattiche ed esperienze innovative.
Tutto questo può essere constatato con particolare efficacia in una protagonista della storia dell’educazione: Maria Montessori. Di questa importante figura il Museo dell’Educazione conserva la pregevole prima edizione de “Il Metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile” pubblicata a Città di Castello nel 1909. Si tratta di un volume di più di 300 pagine corredato da foto dell’epoca e da disegni dei materiali oggi conosciuti nel mondo come “montessoriani”. Tutti inizialmente pensati per educare, attraverso i sensi, bambini che oggi indicheremmo come “diversamente abili”, hanno poi dimostrato la loro grande efficacia se utilizzati in ogni contesto. Emblematica in tal senso è la serie delle cosiddette pesiere che rendono palese un principio chiave, quello dell’autocorrezione.

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Testo a cura di: Mara Orlando, conservatrice Museo dell'Educazione