L’Obiettivo 3 si prefigge di garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età, attraverso l’accesso diffuso a pratiche di igiene avanzate ed una copertura sanitaria universale, compresa la protezione da rischi finanziari, l’accesso ai servizi essenziali di assistenza sanitaria di qualità e l’accesso sicuro, efficace, di qualità e a prezzi accessibili a medicinali di base e sostenendo la ricerca e lo sviluppo di vaccini e farmaci per le malattie trasmissibili e non trasmissibili.
La vaccinazione contro il vaiolo umano è stata inizialmente praticata inoculando nell'uomo la linfa dalle pustole del "vaiolo vaccino", una malattia simile che colpiva le mammelle dei bovini, che Edward Jenner (1749-1823), medico e chirurgo di Gloucester, scoprì essere in grado di indurre l'immunità al vaiolo umano. La sua scoperta si basava sull'osservazione diretta delle lattaie del suo paese che infettate dal vaiolo bovino risultavano immuni al vaiolo umano, confermata successivamente dai suoi studi.
Sin dalla scoperta della vaccinazione alla fine del Settecento, si ebbe un ampio uso dell'iconografia sul vaiolo come scopo didattico per i vaccinatori. Lo stesso Jenner sentì infatti la necessità di usare immagini delle pustole vaccinali con un doppio scopo: la similitudine tra vaccino e pustola da vaiolo era una prova indiretta dell'efficacia del vaccino mentre allo stesso tempo, la pustola vaccinale era diversa dal vaiolo, in particolare per i suoi effetti lievi e l'evoluzione più sana. Questa era una prova diretta che il vaccino era meno pericoloso dell'inoculazione. Queste teorie divennero ancora più evidenti ed esplicite nelle successive rappresentazioni iconografiche del vaccino.
La collezione del Museo Morgagni, sezione di Anatomia Patologica dell’Università degli Studi di Padova conserva una serie di cere anatomiche raffiguranti le manifestazioni cutanee del vaiolo nell’uomo, nella vacca, nella pecora e nel cavallo risalenti ai primi dell’Ottocento, copie delle quali sono state trovate anche nei Musei di Bologna e Pavia e nell’archivio dell’Ospedale Maggiore di Milano. Tramite accurate ricerche d’archivio è stato possibile risalire agli autori e agli ideatori delle cere, come anche alle loro finalità didattico scientifiche. Luigi Sacco (1769-1836) fu il medico che identificò nel 1800 una fonte di linfa vaccinica in una mandria di vacche vicino a Varese e con questo prezioso materiale contrastò le epidemie di vaiolo presenti nella zona. Nel 1803, Sacco scriveva che “Per fissare l’attenzione del popolo e particolarmente de’ medici e chirurgi di campagna e delle levatrici, e per allontanare il pericolo di avere risultati dubbi od equivoci, si potrebbero far preparare delle tavolette con disegni ben colorati, oppure ciò che sarebbe anche meglio, avere due braccia di cera, uno con pustole vere vaccine, un altro colle spurie e le altre anomalie: questi disegni dovrebbero essere moltiplicati e mandati in ogni Capo-luogo acciò di quando in quando fossero esaminati da’ professori, ed anche dalle levatrici”. Sacco pubblicò nel 1809 quattro dettagliatissime tavole colorate che rappresentavano le pustole nella vacca, nel cavallo, nella pecora e nell’uomo. Da queste tavole, per volontà di Pietro Moscati (1739-1824), furono create le serie di quattro cere anatomiche, poi spedite a Milano, Pavia, Bologna e Padova, città dove Sacco fu Direttore della Vaccinazione. Di queste quattro cere ne sono conservate tre presso il Museo Morgagni e completa il gruppo una successiva del 1819 eseguita per indicazione del professor Francesco Luigi Fanzago (1764-1836) e rappresentante il vaiolo pecorino, corrispondente sempre alle tavole originali di Sacco.
Tutte le etichette riportate sulle preparazioni riportano la spiegazione dettagliata del modello di cera e corrispondono esattamente con i commenti delle immagini che si trovano nel “Trattato” di Sacco del 1809. Nell’Archivio del Centro per Storia dell’Università di Padova abbiamo trovato un documento interessante, consistente in due lettere spedite dal “Prefetto del Dipartimento della Brenta” al “Reggente della Università di Padova”, che attesta la data precisa in cui i modelli di cera furono ricevuti a Padova dopo essere stati spediti da Milano. Nella prima lettera, datata 28 ottobre 1807, vi era l’annuncio della ricezione di una “cassa”; nella seconda invece vi era il verbale di apertura della cassa stessa redatto in presenza di Floriano Caldani (1772-1836), professore di Anatomia dell’Università di Padova, e del Cancelliere Marcantonio Galvani. La data del documento, 28 ottobre 1807, corrisponde al periodo in cui Moscati era Direttore Generale dell’Educazione Pubblica e Presidente della Magistratura di Sanità, ma soprattutto al periodo di attività di Sacco, successivo alla pubblicazione della “Memoria sul vaccino” del 1803, in cui Sacco dichiarava la necessità della creazione di immagini e modelli di cera, e prima dell’uscita del “Trattato di vaccinazione” del 1809, in cui Sacco pubblicava le “tavolette con disegni ben colorati”. Questo dimostra chiaramente che i modelli di cera ebbero la priorità sulla divulgazione del libro di Sacco e inoltre che la tridimensionalità dei modelli di cera era considerata sufficiente per insegnare la vaccinazione anche senza una dettagliata descrizione come quella nel “Trattato” del 1809.
Bibliografia
Zampieri F., Zanatta A., Rippa Bonati M., 2011 - "Iconography and Wax Models in Italian Early Vaccination against Smallpox". Medicine Studies, 2, 4, pp. 213-227. ISSN: 18764533; DOI: 10.1007/s12376-011-0057-5.
Zanatta A., Zampieri F., 2014 - "Tre case study del Museo di Anatomia Patologica di Padova: il valore delle ricerche interdisciplinari". In Del Favero L., Fornasiero M., Molin G. (eds.), 2014, "La ricerca nei musei scientifici", Padova, Museologia Scientifica Memorie, 11, ISSN 1972-6848.
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Testo a cura di: Alberto Zanatta e Giovanni Magno, Museo Morgagni sezione di Anatomia Patologica