Il secolo XIX rappresenta un periodo storico di grande interesse per l’evoluzione tipologica e tecnologica di molte delle macchine e attrezzature utilizzate in agricoltura.
L’agricoltura europea e quella italiana in particolare avevano vissuto una serie di cambiamenti soprattutto tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo a causa della crescita demografica che poneva con crescente urgenza il problema delle risorse alimentari.
Per cercare di migliorare le condizioni delle campagne si fecero importanti investimenti nel settore della conoscenza tecnico-scientifica; ne è un esempio l’istituzione dell’Accademia dei Georgofili, fondata a Firenze nel 1753 per iniziativa di Ubaldo Montelatici, canonico lateranense, allo scopo di «far continue e ben regolate sperienze, ed osservazioni, per condurre a perfezione l’Arte tanto giovevole della toscana coltivazione”. Il Governo Granducale Lorenese le conferì presto carattere di Istituzione pubblica (prima nel mondo), affidandole importanti incarichi che vennero poi estesi a livello nazionale dopo l’unificazione del Regno d’Italia.
Sulla scia della fondazione dell’Accademia dei Georgofili e favorite anche dalle riforme introdotte da Napoleone Bonaparte all’istruzione pubblica, altre istituzioni sorsero in varie città d’Italia. A Bologna fu istituita nel 1807 la Società Agraria del Dipartimento del Reno, dalla quale deriverà poi l’Accademia Nazionale di Agricoltura; nel 1785 a Torino fu fondata la Reale Società Agraria, organo ufficiale di consulenza in materia agraria del Governo piemontese e poi, dopo l’Unità, di quello italiano; in anni più recenti, dopo il passaggio della Lombardia al nuovo Regno d’Italia, si costituì nel1861 a Milano la Società Agraria di Lombardia.
Anche a Padova l'evoluzione dell'insegnamento tecnico-scientifìco nel settore agricolo nell'ambito dell'Università degli Studi iniziò nel 1762 con l'istituzione della Cattedra di Agricoltura (Cathedra ad Agriculturam Exsperimentalem) e con la successiva costituzione dell'Orto Agrario affidate entrambe a Pietro Arduino (1728-1805), già "custode" dell'Orto Botanico e convinto assertore che l'agricoltura non poteva essere "che una parte della stessa botanica, scienza che abbraccia non solo la notizia delle piante, ma anche quella delle terre, clima e coltura che ricercano onde farle vivere e prosperare".

Il fiorire di istituzioni dedicate all’evoluzione dell’agricoltura portò con sé anche lo sviluppo di nuovi strumenti con i quali migliorare le lavorazioni agricole e di conseguenza incrementare la produttività delle colture.
L’attrezzo principe di tale sviluppo fu l’aratro, macchina usata dall’antichità per smuovere il terreno e prepararlo per successive lavorazioni e per la semina.
Sul finire del XVIII e l’inizio del XIX secolo si ebbero in Centro Europa numerosi studi e realizzazioni di modelli di aratri tra i quali quelli di Small, dell’Arbuthnot, di Sims, di Ransome, di Valcourt, di Oliver, di Grangè. Si trattava comunque di sviluppi empirici che privilegiavano l’adattamento dell’attrezzo alle condizioni locali. Una svolta importante si ebbe quando si cominciò a studiare la teoria del distacco della fetta di terreno e del suo più razionale rovesciamento, che consentì di realizzare profili più idonei ed efficienti del vomere, del coltro e del versoio, ancor oggi tenute in considerazione dagli industriali del settore nell’approntamento dei modelli moderni.
Si distinsero in questi sviluppi Gibs, Valcourt e Oliver, in Europa, Ridolfi, Lambruschini e Bertone di Sambuy, in Italia. Particolarmente importante fu l’intuizione di Lambruschini il quale definì che, per rendere uniforme il moto di rotazione della fetta di terreno, la superficie del versoio doveva avere una forma elicoidale, riducendone in questo modo l’attrito con la possibilità, a parità di potenza di trazione, di approfondire la lavorazione.
La diffusione delle innovazioni trovava nelle istituzioni dedicate allo sviluppo della conoscenza tecnico-scientifica (Accademie e Società agrarie) una sede privilegiata di dibattito e apprendimento e nelle istituzioni vocate all’istruzione e all’assistenza tecnica il luogo idoneo per il trasferimento dell’innovazione. In questo ambito si andò sviluppando una metodologia didattica basata sull’esemplificazione delle macchine e delle attrezzature tramite modelli in scala.

Una raccolta particolarmente significativa per numero di modelli e per varietà di tipi è la Collezione di modelli di macchine e attrezzature agricole del Dip. Territorio e Sistemi Agro-forestali dell’Università degli Studi di Padova.
L'inizio della costituzione di "… una raccolta di macchine e strumenti in modello pel pubblico insegnamento …" risale al periodo della direzione dell'Orto Agrario di Padova da parte dell’abate Luigi Configliachi (1829-1854), probabilmente a seguito di un auspicio formulato dal Ranieri Giuseppe d'Asburgo-Lorena, arciduca d'Austria e primo viceré del Regno Lombardo-Veneto, durante una sua visita a Padova nel 1830.
I modelli sono realizzati in legno, in ferro e, in molti casi, in entrambi i materiali, rispecchiando attentamente la costituzione delle diverse parti
Le dimensioni variano dai 3-4 cm per i modelli più piccoli a oltre il metro per il modello più grande. Le proporzioni dei modelli e dei vari componenti rispettano un preciso rapporto di scala; tale similitudine geometrica è legata non solo alla evidente necessità di ottenere una rappresentazione iconica il più possibile reale dei prototipi, ma anche alla possibile utilizzazione di tali modelli come elementi da cui ricavare le informazioni sulle dimensioni e sui tipi di materiale per riprodurre i prototipi stessi. Infatti, la disponibilità di modelli di macchine e attrezzature dava modo agli artigiani e ai fabbri di ricostruire esattamente i prototipi da cui i modelli derivavano, consentendo così la diffusione delle macchine e attrezzature anche al di fuori delle zone di origine.
Il gruppo di modelli più numeroso è quello degli aratri, composto da 29 pezzi, nel quale è possibile trovare il meglio della produzione europea e americana: gli aratri inglesi costruiti interamente in ferro, il famoso aratro francese Dombasle, uno dei primi efficienti aratri messi in commercio, l'aratro Schwerz, oppure il mescitore del Brandeburgo, gli aratri italiani Lambruschini, Ridolfi, Bertone di Sambuy e Barelli e altri ancora, caratterizzati da peculiarità tecniche singolari per l'epoca.
Da notare il nome di questi modelli, che in molti casi è quello del loro ideatore; si tratta spesso di proprietari terrieri, ministri, generali, abati, ufficiali. Ad esempio, l’aratro Ridolfi, del marchese e senatore Cosimo Ridolfi, fondatore nel 1834 dell'Istituto Agrario di Meleto, oppure l’aratro Lambruschini, dell'abate Raffaele Lambruschini, pedagogo, fondatore assieme a Cosimo Ridolfi e Giovan Pietro Vieusseux del "Giornale Agrario Toscano" (1827), rivolto ai possidenti e ai parroci perché cooperassero al progresso tecnico dell'agricoltura e all'istruzione dei contadini, e ancora l’aratro Sambuy, del generale dell'esercito piemontese Emilio Balbo Bertone di Sambuy, o l’aratro Guilleaume, dell’ufficiale del genio nell’esercito francese Guilleaume. In certi altri casi il nome è quello dell'importatore, come nel caso dell'aratro del Brabante o aratro del Belgio, introdotto in Germania dallo Schwertz, e chiamato appunto aratro Schwertz.

Molto interessanti dal punto di vista etnologico sono le macchine usate per i lavori aziendali, quali i trinciapaglia, le lavatrici per le patate e le rape, le maciulle, i mangani, le arnie, le zangole, i torchi, che consentono di ricostruire un quadro quanto mai completo della cultura agricola dei secoli scorsi.
Essi inoltre sono una valida testimonianza degli sforzi compiuti per facilitare il lavoro dell'uomo nello spirito di quanto considerava Carlo Berti Pichat, autore di quella che è definita "la più monumentale enciclopedia agricola ottocentesca", a proposito della mietitura: "Falciare e mietere costituiscono le due maggiori e laboriose faccende campestri. Liberare il povero lavoratore dalla più grave fatica che gli tocca eseguire nella più ardente stagione, e gli procaccia qualche volta infermità perigliose, sarà veramente il più bel trionfo della Meccanica agraria".

BIBLIO-SITOGRAFIA DI RIFERIMENTO

Accademia dei Georgofili. https://www.georgofili.it
Accademia Nazionale di Agricoltura. https://www.accademia-agricoltura.it
Reale Società Agraria di Torino. http://www.accademiadiagricoltura.it/index.php
Società Agraria di Lombardia. http://www.agrarialombardia.it
Galigani PF., Aratro: aspetti storici, tecnici, agronomici, In Atti della mostra Evoluzione dell’aratro nella Toscana dei Lorena, Accademia dei Georgofili, Firenze 2002

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Testo a cura di: Raffaele Cavalli, Collezione di modelli di macchine e attrezzature agricole