La protezione e l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, con la loro ricchezza di specie animali e vegetali è uno dei traguardi chiave dell’Obiettivo 15. È assolutamente prioritario fermare la perdita di biodiversità, ovvero mettere in atto tutte quelle strategie che ci consentono di tutelare e proteggere le specie con cui condividiamo il pianeta e che stiamo mettendo in pericolo con il nostro comportamento irresponsabile per caccia diretta o per distruzione del loro habitat.
L’obiettivo 15 è articolato in numerosi target volti alla protezione di questa biodiversità, come garantire la conservazione, il ripristino e l’uso sostenibile degli ecosistemi dell’entroterra e delle acque dolci terrestri, fermare la deforestazione e promuovere il ripristino delle foreste degradate e la riforestazione, combattere la desertificazione ripristinando i terreni degradati e proteggendo il suolo, garantire la conservazione degli ecosistemi montani, porre fine al bracconaggio ed al traffico illecito di specie protette, prevenire l’introduzione di specie alloctone (aliene) e ridurre l’impatto di quelle già introdotte per salvaguardare la biodiversità locale.
Ed è proprio su questi ultimi due target che ci concentreremo in questa tappa, vedendo, tramite gli esemplari conservati al Museo di Zoologia, alcuni esempi pratici di specie estinte o in pericolo di estinzione a causa della caccia indiscriminata o della competizione con specie alloctone.
 
L’esemplare forse più iconico dei danni causati dal bracconaggio è proprio uno degli esemplari più antichi conservati nel nostro museo. Appartiene infatti alla collezione, accumulata tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700, da Antonio Vallisneri senior (1661-1730), collezione che ha costituito il nucleo di partenza di numerosi musei del nostro Ateneo. Si tratta di un corno di rinoceronte nero, montato su un basamento in ottone. Il rinoceronte nero, un grosso erbivoro delle savane e boscaglie africane, è infatti uno dei grandi mammiferi a maggior rischio di estinzione. Questo animale, che già soffre pesantemente della riduzione e frammentazione del suo habitat, è da anni vittima di un bracconaggio spietato per recuperare le due possenti corna che porta sul naso e sulla fronte. Si tratta di strutture non ossee bensì costituite da filamenti di cheratina (come le nostre unghie e i nostri capelli), che sono usate nella medicina tradizionale cinese e vietnamita come rimedio per una varietà di disturbi. Fatto sta che questi poveri rinoceronti sono cacciati allo sterminio: nell’ultimo secolo e mezzo si sono già estinte 3 delle 6 sottospecie riconosciute (l’ultima nel 2011) e le altre sono a rischio critico. Per quanto a noi possa sembrare inverosimile (medicinali preparati con corna grattugiate di rinoceronte hanno lo stesso potere curativo che …mangiarsi le unghie!) il valore delle corna raggiunge i 100.000 dollari al chilogrammo (più del doppio rispetto all’oro!). Nonostante gli enormi sforzi che si stanno facendo ormai da anni per proteggere i pochi rinoceronti che sopravvivono nei parchi naturali africani, spesso sotto scorta armata, i bracconieri riescono frequentemente a raggiungere gli esemplari e tagliargli le corna, spesso lasciandoli poi morire dissanguati. E i trafficanti non si limitano ai parchi naturali africani ma nell’ultimo decennio il fenomeno si è rivolto ai musei. Ai musei? Si, sostituito il fucile con il piede di porco, i trafficanti hanno fatto irruzione in più musei italiani ed europei per segare le corna da esemplari imbalsamati o portare via reperti isolati. Per cui, nelle nostre vetrine è ora esposto un calco mentre il prezioso corno originale settecentesco è custodito al sicuro in cassaforte in altro edificio.
Altre specie messe a rischio di estinzione dalla riduzione del loro habitat e dal bracconaggio per superstizione, sono la tigre del Bengala, le cui ossa e pelli sono ritenute importanti ingredienti nella medicina tradizionale cinese per aumentare il tono muscolare e curare i reumatismi e l’elefante asiatico, cacciato per l’avorio delle sue zanne, con cui vengono intagliati monili ed oggetti preziosi, ma anche per la pelle, utilizzata nella medicina tradizionale cinese per curare problemi allo stomaco.
Queste tre specie sono state scelte come “specie bandiera”, ovvero specie vulnerabili e particolarmente carismatiche che vengono utilizzate come ambasciatrici o icone di un determinato habitat o ecosistema da proteggere, per suscitare il supporto del grande pubblico nella speranza che gli sforzi volti a salvare loro dall’estinzione, giovino anche ad altri animali che condividono lo stesso habitat o che sono vulnerabili alle stesse minacce.
Ma abbiamo anche esempi di specie che sono state sterminate per puro gusto “ludico”, se così possiamo chiamare i giochi circensi dell’antica Roma. In periodo imperiale, i romani prelevavano infatti ogni anno in nord Africa migliaia di esemplari di leone berbero per farli combattere nei circhi contro altre fiere. Questo portò ad una forte riduzione delle popolazione di questo grosso felino che si ritirò sulla catena dell’Atlante per poi estinguersi definitivamente in natura, con l’uccisione degli ultimi esemplari nei primi anni ’40 del secolo scorso.
In museo è conservato anche un esemplare di podilimbo gigante, un uccello acquatico del Centro America, parente del nostro svasso, purtroppo estinto. In questo caso, il suo declino è stato causato dall’introduzione, nel lago in cui viveva, di specie ittiche alloctone per incentivare la pesca sportiva. Queste, non solo entrarono in competizione con lui per il cibo, ma ne divorarono anche i piccoli nei nidi.
L’immissione di specie alloctone porta infatti sempre a degli sconvolgimenti nelle comunità locali mettendo a rischio le specie autoctone. È il caso che stiamo vedendo ora con lo scoiattolo rosso, che viene via via soppiantato dallo scoiattolo grigio nord-americano, introdotto accidentalmente in Italia e in Gran Bretagna negli anni ‘50.
 
Numerosi sarebbero ancora gli esemplari del nostro museo che appartengono a specie messe a rischio di estinzione dalle nostre azioni irresponsabili, sia tra le specie terrestri, per cui vi invitiamo a leggere le tappe di questo tour virtuale, sia per le specie marine, per cui vi rimandiamo anche al Museo Didattico di Medicina Veterinaria a cui, in questo percorso virtuale tutto CAM, è dedicato l’obiettivo 14 dell’Agenda 2030, ovvero la salvaguardia della vita sott’acqua.

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Testo a cura di: Marzia Breda, conservatrice Museo di Zoologia