La ricerca geografica è da sempre interessata allo studio delle città non solo perché esse sono “casa degli uomini” ma anche per il fatto che esse rappresentano l’evidenza tangibile dell’organizzazione territoriale, sociale ed economica delle comunità che le abitano, così come dei processi politici e di potere che ne hanno via via caratterizzato l’amministrazione.
Pensiamo alla diversità che intercorre, ad esempio, tra le città medievali, le città ideali del Rinascimento, le company town e le grandi metropoli moderne: ognuna di esse ha affrontato diversamente, di volta in volta, le complesse questioni urbanistiche (come la pianificazione territoriale, la gestione degli accessi, dei traffici e dei servizi), socio-economiche (come la presenza di luoghi di produzione, vendita, aggregazione, cura, educazione, cultura, ecc.) e ambientali (come la cura e la valorizzazione degli spazi aperti e verdi o la gestione delle acque, dei rifiuti e dell’inquinamento) cui ogni città è chiamata a dare risposta.
L’organizzazione, la pianificazione e la valorizzazione degli spazi aperti sono elementi che anche nella città di Padova hanno ricevuto grande attenzione. Ciò emerge chiaramente dalla lettura dell’impianto cittadino finemente cartografato nel 1784 da Giovanni Valle nella carta che porta il suo nome, in cui non solo è possibile osservare l’attenta gestione delle acque in città, ma anche constatare l’esistenza di ampi spazi verdi distribuiti all’interno delle mura cittadine (non solo giardini interni ai palazzi o aree verdi pubbliche, ma anche ampie aree dedicate alla coltivazione) e la presenza di numerosi alberi, piantati in filari, sia nelle aree verdi sia in quelle più densamente abitate. La pianificazione e l’equilibrio tra gli elementi presenti in città, non è ad ogni modo un indicatore sufficiente. Non si tratta, infatti, semplicemente di garantire un ambiente di vita dignitoso e funzionale agli uomini e alle donne che abitano le città, ma anche di assicurarsi che il raggiungimento di questo obiettivo non vada a depauperare la qualità degli ambienti e della vita di chi vive al di fuori di essa.
La sfida è impegnativa. Ad oggi le città occupano circa il tre per cento della superficie terrestre, ma consumano tre quarti delle risorse globali e sono responsabili del 75 per cento delle emissioni di gas. E il trend non accenna a ridursi, anzi: la popolazione che vive in città negli ultimi quarant’anni è più che raddoppiata arrivando a rappresentare oggi più della metà della popolazione mondiale, con stime che indicano questa percentuale in crescita fino al 70 per cento entro il 2050.
Questa crescita ha risvolti che possono essere letti secondo diversi punti di vista, sia positivi che negativi.
Può essere utile, infatti, ricordare che le città costituiscono il motore di economie locali e nazionali (sede di più dell’80 per cento delle attività economiche globali). Esse rappresentano il contesto ideale in cui cercare di coniugare benessere, servizi e una progressiva riduzione dell’impronta ecologica di singoli e comunità. Se inizialmente solo i grandi centri internazionali come Londra riuscivano ad offrire quei contesti vibranti capaci di attirare e sostenere, in linea con l’Obiettivo 11, la sperimentazione delle soluzioni più innovative nel campo del risparmio energetico, della gestione dei rifiuti e della riduzione dell’inquinamento, oggi le cose stanno cambiando. Grazie all’iniziativa European Green Capital promossa dalla Commissione Europea, ad esempio, tutte le città europee sono stimolate a porsi e a raggiungere ambiziosi obiettivi nell’ambito della salvaguardia ambientale e dello sviluppo economico sostenibile.
Tuttavia, se si considera il crescente tasso di consumo di suolo in Italia e in particolare in Veneto, risulta evidente che il degrado del territorio e la perdita delle funzioni dei nostri ecosistemi continuano a un ritmo insostenibile. Secondo il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente dell’ISPRA, nel 2020 ogni secondo quasi due metri quadrati di aree agricole e naturali sono stati sostituiti da nuovi cantieri, edifici, infrastrutture o altre tipologie di coperture artificiali. Tra gli effetti immediati di questa implacabile cementificazione del territorio vi è una crescente impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo che a sua volta concorre a rendere il territorio più vulnerabile verso gli eventi atmosferici estremi. È del resto sotto gli occhi di tutti come fenomeni quali burrasche e temporali stiano aumentando in frequenza ed intensità. E non si tratta solo di nubifragi capaci di provocare vaste inondazioni ed esondazioni di fiumi, ma anche di raffiche di vento (come l’impressionante tempesta Vaia del 2018), di siccità e di ondate di calore sempre più forti e prolungate. Di tutti questi, ad ogni modo, quelli legati alle precipitazioni restano i fenomeni più frequenti e più pericolosi per la vita dell’uomo. Una menzione particolare va infatti alla drammatica alluvione del 1966 che interessò tutto il Veneto e in particolare le province di Belluno, Rovigo, Venezia, Padova e Treviso. Anche i geografi di Padova – abituati a confrontarsi con lo studio dei fenomeni atmosferici attraverso l’uso di strumenti quali il pluviografo e il barotermoigrografo, contribuirono a studiare quel drammatico episodio mappandone l’impatto sui centri abitati.
La rapida crescita demografica e il progressivo aumento del “peso” delle città su scala globale ci impone in conclusione di riflettere sul ruolo cruciale che esse giocano in qualità di laboratori strategici per lo studio, la sperimentazione e la conquista di un futuro più sostenibile.
Se il pericolo in passato è stato l’“invasore”, dal quale ci si è difesi con la costruzione di solide mura in pietra o di alti muri elettrificati, l’assedio che stiamo subendo oggi è quello mosso dagli effetti dei cambiamenti climatici che noi stessi abbiamo innescato e che quotidianamente continuiamo ad alimentare.
È necessario pertanto che ciascun individuo e ciascuna comunità si interroghino su queste problematiche ed agiscano di conseguenza, facendosi agenti di quel cambiamento che tutti auspichiamo possa concretizzarsi quanto prima.
Biblio-sitografia di riferimento:
Croce Dario, Nodari Pio, Pellegrini Giovanni Battista, Tessari Francesco, Effetti dell'alluvione del novembre 1966 sulle sedi abitate delle Tre Venezie, in: Comitato dei Geografi Italiani, Atti del XXI Congresso Geografico Italiano, Verbania, 13-18 settembre 1971, vol. II, Novara, a cura dell’Istituto Geografico De Agostini, 1971, pp. 290-302.
OECD/European Commission (2020), Cities in the World: A New Perspective on Urbanisation, OECD Urban Studies, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/d0efcbda-en.
Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (2021), Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici, Report di Sistema SNPA, 22, Edizione 2021, https://www.snpambiente.it/wp-content/uploads/2021/07/IT_Sintesi_Rapport....
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Testo a cura di: Giovanni Donadelli e Chiara Gallanti, Museo di Geografia