Gli indici di povertà estrema si sono ridotti di più della metà dal 1990. Nonostante si tratti di un risultato notevole, nelle zone in via di sviluppo una persona su cinque vive ancora con meno di 1,25 dollari al giorno e ci sono molti milioni di persone che ogni giorno guadagnano poco più di tale somma. A ciò si aggiunge che molte persone sono a rischio di ricadere nella povertà.
La povertà va ben oltre la sola mancanza di guadagno e di risorse per assicurarsi da vivere in maniera sostenibile. Tra le sue manifestazioni c’è la fame e la malnutrizione, l’accesso limitato all’istruzione e agli altri servizi di base, la discriminazione e l’esclusione sociale, così come la mancanza di partecipazione nei processi decisionali. La crescita economica deve essere inclusiva, allo scopo di creare posti di lavoro sostenibili e di promuovere l’uguaglianza.
In quest’ottica anche un museo può giocare un ruolo non secondario. Tra le sue collezioni etnografiche, il Museo di Antropologia conserva un nucleo consistente di oggetti provenienti dall’Africa sub-sahariana che, assieme all’Asia meridionale, concentra la stragrande maggioranza di persone povere del pianeta. Si tratta di armi, oggetti d’uso comune, strumenti musicali, accessori d’abbigliamento, oggetti rituali, maschere e sculture lignee provenienti dal Sudan del Sud, Guinea-Bissau, Repubblica Democratica del Congo e Mozambico.
La loro acquisizione, spesso legata ad un acquisto o uno scambio, è spesso testimonianza di un passato coloniale durante il quale le nazioni europee si avvicinavano alle culture africane esibendo un marcato senso di superiorità. Agli occhi degli occidentali le produzioni etnografiche africane esprimevano la primitività del continente, creando al tempo stesso un senso di fascinazione.
In una visione moderna, completamente scevra da ogni ideologia gerarchizzante, la piena consapevolezza del proprio patrimonio culturale e la conseguente valorizzazione possono diventare il volano per uno sviluppo che porti ricchezza a questi paesi attraverso la vendita o gli scambi di questi oggetti. La creazione di circuiti legati all’arte etnografica e al collezionismo, assieme alla promozione di un turismo attento a queste tematiche che porti visitatori nei luoghi di produzione, possono fornire un tassello nella sconfitta della povertà per queste popolazioni.
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Testo a cura di: Nicola Carrara, conservatore Museo di Antropologia